“Senza” è il nuovo libro di Massimo Cracco, pubblicato da Autori Riuniti nella collana I Nasi Lunghi ed è candidato al Premio Comisso, Premio Città di Como, Premio Carver e Premio “Cultura Sotto il Vulcano”, annesso al Festival del libro e della cultura Etnabook.
Il libro è composto da quattro parti, ognuna introdotta da un aforisma di Emil Cioran, filosofo del nichilismo estremo che ha influenzato l’autore nella stesura del romanzo.
In quest’opera, attraverso la storia di Paolo, l’autore veronese descrive il rifiuto di una società ipocrita sullo sfondo dell’Italia di qualche decennio fa.
Paolo è un ragazzo solitario e fragile che vive insieme ai genitori e al fratello maggiore. Non ha amici e fa di tutto per mantenere le distanze dai contatti umani, non vuole mescolarsi al marciume della società e colleziona libri sul nazismo perché “lo detesta e vorrebbe disinnescarlo dalla sua testa“. Solo con Francesca inizierà un rapporto di amicizia intima che proseguirà sino all’età adulta ma con alcuni importanti risvolti e, successivamente, con Alberto, che resterà al suo fianco nel vortice delle vicende che lo coinvolgeranno.
Un giorno, sfogliando una rivista della madre, la sua attenzione è catturata da un articolo che raccontava la storia di Chloe Jennings, una donna dello Utah che, seppur fisicamente sana, si era fatta praticare una lesione al midollo spinale affinché perdesse l’uso delle gambe che da sempre disprezzava e rifiutava. Si tratta di un disturbo chiamato BIID, Body Integrity Identity Disorder.
Da questo momento inizia per Paolo l’ossessione per il rifiuto delle sue gambe, non passa giorno che non cerchi di immedesimarsi in Chloe per cercare di capire cosa si provasse a non sentire più quella parte del corpo. Si lega le gambe, usa le stampelle, tutte pratiche che donano sollievo al suo malessere verso il mondo e che include anche in giochi erotici apparentemente innocui ma che, in seguito, gli causeranno imprevisti e grossi grattacapi nel penale. Paolo non vuole subire “l’arroganza delle cose vive“. Sogna di avere una sedia a rotelle e l’amputazione è la sua massima aspirazione che, secondo lui, gli consentirà di liberarsi da ciò che lo tiene a contatto con la terra e di “vivere in disparte“.
Andando avanti con gli anni si ritroverà senza un sostegno familiare, senza un lavoro, tradito da chi meno si aspettava e, nuovamente a sua insaputa, coinvolto in qualcosa di grave da cui cercherà di uscire tra mille difficoltà. La vita di Paolo è una continua partita a scacchi dove è c’è una pedina nera un re fragile in un abisso profondo e oscuro. La sua è l’evoluzione al contrario di chi sogna di essere un immobile spettatore del mondo dalla sua finestra, intervallato solo dalle illusioni delle droghe.
Se vi state chiedendo se “Senza” sia un romanzo disturbante, sì, lo è. Lo è perché questa storia costellata da drammi e azioni assurde e pericolose, allo stesso tempo fa riflettere e prendere coscienza su alcuni aspetti della società, del lavoro, dei media e della fede religiosa. La penna di Cracco mette davanti una realtà nuda e cruda descritta con uno stile originale e coinvolgente da cui non si può sfuggire e a cui non vuoi sfuggire, perchè il talento dell’autore vi trascinerà prepotentemente dalla prima all’ultima pagina.
Le idee e le visioni del mondo di Paolo non trovano applicazione in un mondo ostile e crudele dove si può essere solo perdenti, quindi l’unica soluzione è restarne fuori. Arriverà, però, anche il momento di dover affrontare concretamente la realtà e ciò non può avvenire restando vittima immobile perché, da fermi, si è “bersagli facili da colpire“.
L’INTERVISTA
Parlare di questo libro con il suo autore è stato coinvolgente come la lettura del romanzo stesso. Massimo Cracco racconta e spiega in maniera precisa e mai banale offrendo, come nel libro, diversi spunti di riflessione su cui ragionare. Vi consiglio molto la lettura di questo testo perché, anche dopo averlo terminato di leggere, continuerà per giorni e giorni a regalarvi “cibo per la mente”. Di seguito la mia intervista.
Io non conoscevo la vicenda di Chloe Jennings e l’ho appresa dal suo libro. Questa storia mi ha subito trasmesso un senso di angoscia a cui volevo trovare una spiegazione. Lei come è arrivato a scegliere questa tematica e con quale stato d’animo l’ha affrontata?
Credo che lo stato d’animo sia quello che hai percepito tu, sono rimasto sconvolto da questa notizia cinque anni fa. Per era un tema talmente incandescente che l’ avevo archiviato in un contesto storico fittizio, di fantasia e in un periodo imprecisato, era come se volessi distanziarmene. Io ho sentito quello che tu hai sentito. Noi siamo abituati a pensare un soggetto che mette in atto un’azione negativa su un’altra persona, quindi ci sono due protagonisti; qui invece abbiamo contemporaneamente vittima e carnefice. È un corto circuito che innesca una sorta di tenerezza quasi, è la tenerezza mescolata alla violenza ed è questo che destabilizza, il fatto che vi siano entrambe le componenti. Ho convertito il tema della privazione delle gambe in tentativo di sottrazione alla storia: Paolo vuole uscire dalla storia perchè non ne comprende i meccanismi, l’illogicità e tutte le violenze interminabili che la storia propone. Leggendo di Chloe ho avuto una sensazione di grande malessere e dovevo dare una mia risposta personale, ecco perchè ho scritto il libro. Paolo, simbolicamente, non vuole le gambe per poter uscire dal mondo e non è tanto distante dalla realtà, la psicologia analitica lo insegna, sognare di essere senza gambe significa non essere nella realtà. Le gambe sono proprio il nostro contatto con la terra e il tramite attraverso il quale siamo nel mondo. Ho perso diversi mesi a capire come inquadrare il personaggio perchè il problema non è mai scrivere un libro, ma avere chiara la credibilità del personaggio; si può avere la storia più bella del mondo ma se non hai un personaggio credibile allora è meglio lasciar stare. Quindi, capirai che entrare nella testa di un soggetto con queste pulsioni è la domanda che mi sono fatto, scrivendo e riscrivendo, chiedendomi come pensa quest’uomo, cosa pensa, quali sono le sue sensazioni. Ed è la cosa che credo di essere riuscito a fare, come testimoniano le recensioni dei lettori che mi scrivono, alla fine sembra vero. Tutti i fatti che hai letto nella prima parte, sono vicende che io ho mutuato dalla mia vita privata che poi ho mescolato nell’intreccio.
“Contro natura” è una definizione molto presente nel romanzo e desiderare di non avere le gambe sicuramente porta ad attribuire questa definizione. Ma come si può veramente stabilire se qualcosa sia effettivamente contro natura?
Bravissima, questo è un tema importante. In quelche modo stiamo parlando di un essere umano diverso e la diversità è sempre una scelta autonoma e non è mai censurabile. Quando usciamo dall’ambito della morale, e la morale è sostanzialmente non fare del male agli altri, quello che si vuol fare del proprio corpo è una scelta privata. Mi sono chiesto cosa sia veramente contro natura, le guerre o farsi del male? Secondo me sono due contro natura paragonabili se vogliamo. Il gesto di Paolo è un gesto amorale non immorale, mentre uccidere un’altra persona è un gesto immorale. Paolo, tra l’altro, trova una sua forma di adattamento, il tema dell’amputazione è anche questo. Alla fine siamo tutti degli amputati perchè la nostra vita è fatta di amputazioni quotidiane, nelle relazioni affettive ci “amputiamo” sempre di qualcosa per farle funzionare e questo è innegabile. Paolo è un paradigma mostruoso ed evidente di questa diversità ma alla fine la cosa paradossale è che da questa storia, apparentemente surreale, si evince un messaggio universale. Quando dico che Paolo è un adattato è perchè quell’adattamento lo porta ad essere finalmente umano e, per me, un umano è purtroppo uno che uccide. Lui, integrandosi agli altri, inizia a far del male al loro stesso modo; questa è una realtà orrenda ma, purtroppo, la storia ce lo insegna.
È candidato a diversi prestigiosi premi; considerando la tematica forte e, per certi versi, “disturbante”, se lo aspettava?
No, non me lo aspettavo e non vincerò alcun premio. Sono contento di essere stato scelto ma non prenderò premi perché il premio è qualcosa che lancia un libro ma il mio lo possono leggere pochi intenditori, come lei, gente che è sensibile al tema. Spero che il libro abbia fortuna ma non è sicuramente da premi. Mi è stata riconosciuta qualità e questo per me è molto importante.
Il libro è pieno di spunti di riflessione, come ad esempio “l’arroganza delle cose vive”
Le cose vive sono arroganti e sono la misura della nostra difficoltà quotidiana. Tutto ciò che è vivo è qualcosa con cui entriamo in collisione. Lo diceva lo stesso Heidegger che siamo gettati in un mondo di cui subiamo la consistenza in termini di realtà.
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