Prof. Andrea Maggi, intervista sulle depressioni tra i giovani studenti

Il prof. Andrea Maggi è sempre disponibile a trattare le tematiche sociali di attuale rilevanza.

Le depressioni tra i giovani studenti sono in aumento negli ultimi anni.

Come riporta Fondazione Veronesi, in Italia, ogni anno, si tolgono la vita circa 4000 persone tra i 15 e i 34 anni. Un dato preoccupante che richiede una seria attenzione da parte di tutti noi.

Da tempo (e da buona sociologa), rifletto sul fenomeno cercando di comprendere le cause principali che determinano quella sofferenza tale da portare un giovane al gesto estremo.

Ho scelto di confrontare le mie considerazioni con il prof. Andrea Maggi che, ormai, possiamo definire il professore di Italiano più amato d’Italia per la sua partecipazione a Il Collegio, il celebre docu-reality di Rai 2.

prof. Andrea Maggi de Il Collegio
Professor Andrea Maggi de “Il Collegio”

Intervista al prof. Andrea Maggi

Gentilissimo prof. Maggi, bentornato su Primer! Negli ultimi anni stiamo assistendo a un preoccupante aumento dei suicidi tra i giovani studenti. In base alla sua esperienza, quale potrebbe essere il motivo scatenante di un malessere tale da non poter essere affrontato e risolto?

Le cause sono molte. Viviamo in una congiunzione socio-politica dove le parole “ideali”, “conoscenza” e “altruismo” hanno subito un’inflazione devastante. Questo ha portato allo sgretolamento dei pilastri fondamentali su cui si costruiva la società novecentesca, nel bene e nel male, ovvero la religione e la politica. Venendo meno queste due colonne portanti, in mancanza d’altro è venuto giù tutto, compresa la famiglia. Non esiste più comunità, c’è solo community, ma nel mondo dei social sappiamo che facciamo comunità soltanto con chi ci mette in affinità un algoritmo. Se sono triste, guardo un video triste e l’algoritmo mi suggerisce altri contatti che trasmettono contenuti dello stesso tipo. Come per una sorta di “autismo”, e non di automatismo, i soggetti più fragili si sentono soli e incompresi poiché attorno a sé non vedono né sentono nessuno in grado di aiutarli, pertanto si affidano alla rete che, “autisticamente”, li accompagna verso l’abisso.

Spesso si parla di “pressione scolastica” che gli studenti devono affrontare. Lei come se ne accorge e come cerca di mitigarla?

La “pressione scolastica” non esiste. La scuola è un percorso in cui si verificano gli apprendimenti. E non c’è niente di male in questo. Sentire la pressione per un’interrogazione o per un esame è normalissimo. Il problema è che molti genitori non accettano il fallimento dei figli e certi figli non accettano il fallimento perché temono che i loro genitori ne saranno delusi. Quindi non è corretto parlare di pressione scolastica. Tra l’altro, oggi ho letto un titolo terribile a proposito di una ragazza vittima di bullismo, che tutte le mattine aveva la febbre: gli specialisti hanno definito “fobia scolastica”. Definizione del tutto fuorviante e tendenziosa, giacché la ragazza in questione non aveva paura di andare a scuola, bensì aveva paura di incontrare i bulli. La scuola è un luogo sociale come tanti altri, in cui incontriamo persone simpatiche e persone antipatiche. Possiamo incontrare anche i bulli, certo, ma se i ragazzi possedessero più autostima, certe “febbri” non le avrebbero. Perché invece le hanno? Per quella questione della fragilità delle famiglie di cui sopra. Tutto parte da lì. I ragazzi sono fragili perché le famiglie lo sono.

Quanto influiscono le aspettative dei genitori e degli insegnanti nel percorso formativo di uno studente?

Avere delle aspettative è perfettamente normale. Gli insegnanti nelle loro programmazioni scrivono i loro “obiettivi di apprendimento”: cosa mi aspetto di insegnare a questi studenti quest’anno? E ci mancherebbe altro! Altro discorso è scaricare su un figlio o su un proprio studente le proprie frustrazioni chiamandole “aspettative”. Se mando mio figlio in piscina dall’età di quattro anni perché voglio che diventi il campione del mondo di nuoto, qualcuno dovrebbe avere il potere di togliermi l’affidamento. Io dovrei mandare mio figlio in piscina perché impari a nuotare, perché impari a stare con gli altri bambini e, soprattutto, perché si diverta. Questo vale anche per la scuola. A scuola bisogna imparare il “fuoco” della conoscenza, quell’ebbrezza che ti dà l’imparare cose nuove, e la “fame” di sapere, quella curiosità che non ti farà mai sentire abbastanza sazio. Noi insegnanti dobbiamo insegnare questo, prima di tutto. Solo così cresceremo studenti che non avranno paura delle aspettative, perché saranno aspettative sane.

studenti a scuola

Spesso leggiamo che i social media e le nuove tecnologie hanno avuto un impatto significativo sulla salute mentale dei giovanissimi. Attraverso immagini filtrate di vite perfette e ideali irraggiungibili hanno alimentato sentimenti di inadeguatezza e depressione. Ma è veramente tutta colpa dei social?

Mi permetto di correggere: un uso sconsiderato, sregolato e scriteriato dei social ha avuto un impatto negativo sulla salute mentale dei giovanissimi. Questo perché i genitori hanno posto loro in mano ai loro figli gli smartphone sin dalla più tenera età. Ricordiamoci sempre che i bambini non hanno i soldi per comprarsi un cellulare. I soldi li hanno gli adulti.

Ha mai notato delle differenze tra gli studenti che hanno un forte sostegno sociale e quelli che si sentono più isolati?

Noto enormi differenze tra giovani che hanno i genitori (uniti, separati, divorziati non fa alcuna differenza) presenti e che ricevono il loro primo smartphone a 13-14 anni e giovani con genitori assenti e il cellulare tra le mani fin da quando erano infanti. I primi hanno la mente elastica e ricettiva, i secondi hanno evidenti deficit sociali e cognitivi che non recupereranno mai completamente.

Prof. Maggi, cosa pensa che possa fare il sistema educativo per affrontare l’aumento dei suicidi tra i giovani studenti?

Oggi si tende a delegare ogni aspetto dell’educazione alla scuola. Ma la scuola da sola non può farcela. Serve un coinvolgimento concreto e attivo della famiglia. Non ha senso mandare un ragazzo dallo psicologo o a ripetizioni per mettersi a posto la coscienza. Per risolvere certi problemi, tutta la famiglia deve rimettersi in discussione. Anni fa un mio ex studente si è suicidato. Conservo ancora sulla scrivania un puntatore laser che aveva costruito per me. Era stato molto bravo. L’impugnatura è fatta con un ramo di legno. Ogni volta che lo guardo, quel puntatore sembra dirmi: non lasciare che succeda anche ad altri. Mi fa male ogni volta, ma non l’ho mai voluto chiudere in un cassetto. Lo voglio sempre di fronte a me, per ricordare qual è il mio compito. Perché non succeda più. 

Che ruolo ha l’insegnante nella promozione del benessere emotivo e nel fornire un ambiente sicuro e inclusivo per gli studenti?

L’insegnante ha un ruolo importante, ma non può fare niente, se il mondo gli rema contro. Se la società è violenta, l’insegnante più pacifista del mondo non potrà crescere dei ragazzi amanti della pace. Se la società è classista o xenofoba, l’insegnante non potrà crescere giovani inclusivi. L’insegnante, in sostanza, non può combattere contro i mulini a vento. Non possiamo pretendere che la scuola predichi l’uguaglianza mentre la società nei fatti professa la diseguaglianza. È una battaglia, per quanto giusta, persa in partenza. 

In conclusione, cosa si sente di dire a uno studente o a una studentessa che sta attraversando un momento difficile nel suo percorso formativo?

Fatti aiutare. Non c’è niente di male nel chiedere aiuto. Non è un sintomo di debolezza, ma di forza. Perché ci vuole coraggio per uscire dalle tempeste e quando non ce la si fa da soli, è giusto, nonché lecito, lasciarsi aiutare.

prof Andrea Maggi il Collegio
Andrea Maggi

Soluzioni e prevenzione

Ringrazio il prof. Andrea Maggi per la sua disponibilità. Qualche anno fa, abbiamo fatto un’altra interessante chiacchierata, la trovate sempre qui sul blog.

Oggi abbiamo trattato un argomento molto delicato, un fenomeno complesso che richiede un approccio multidisciplinare e la comprensione di vari fattori che possono contribuire a tali tragedie.

Attraverso le considerazioni del professor Maggi, spero si possa incoraggiare la discussione aperta e la ricerca di soluzioni concrete.

Informazioni su Simona Colletta 227 Articoli
Sociologa Consulente in Culture Digitali e della Comunicazione | Life Coach certificato | Lifestyle Blogger

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*