Lo stop forzato a causa dell’emergenza sanitaria non ha fermato la mente brillante di Claudio Lippi, tra i volti più amati della televisione italiana e attualmente protagonista su Rai1 con Elisa Isoardi a “La Prova del Cuoco”.
È proprio durante la quarantena, infatti, che è nata l’idea di tubytv.it, un progetto di web tv multi tematica distribuito anche da YouTube e Facebook, con il supporto di Instagram e Tik Tok.
Tuby TV è una nuova forma di intrattenimento che sperimenta e mescola innovazione e tradizione affrontando diverse tematiche.
Ho fatto una chiacchierata con il gentilissimo Claudio Lippi, è stato un vero onore dialogare con un Maestro della Televisione. Nell’intervista che segue abbiamo parlato del suo nuovo progetto online, delle differenze tra web e TV tradizionale e di ciò che oggi possono offrire le nuove tecnologie.
L’emergenza sanitaria ci ha colpito in maniera inaspettata, ci siamo sentiti spaesati e confusi ma, per alcune persone, questo periodo è stato anche stimolo per reinventarsi e sviluppare nuove idee. È in questo contesto che è nato il tuo progetto di web TV? Me lo racconti?
Certo! La stasi ha colpito e purtroppo sta creando tuttora situazioni non felici per quanto riguarda le imprese e le categorie che ancora non riescono a riprendere totalmente. Per quanto mi riguarda è stata un’occasione per approfondire un discordo di una realtà che è indubbiamente in atto, che altri colleghi hanno già perseguito e riguarda il famoso web che può essere utilizzato o molto male o molto bene. Siccome non avevo una grande esperienza sul piano sia tecnologico che di linguaggio anche se lo seguo, perché comunque le realtà vanno seguite, è inutile fermarsi sulla logica della critica dei tempi passati che tanto non torneranno più, volevo capire se quello che ho imparato potevo metterlo a disposizione di un sistema che per il momento è parallelo. Ho avuto fiducia in un amico produttore tradizionale, nel senso che fa radio, televisione, cinema e in più ha una forte esperienza nell’ambito dei canali social e che mi ha “illuminato” e organizzato tecnicamente. Tu sei testimone, usando questo meccanismo, di quanto sia in effetti efficace e porti alla possibilità di avere un seguito, quindi abbiamo immaginato un palinsesto dove sono previste alcune mie dirette che poi vanno on demand sia su YouTube, sia su Facebook. Il 4 maggio, è stata l’occasione per dar voce a coloro che stavano o stanno vivendo problematiche da mettere a confronto con quello che è stato sotto gli occhi di tutti, cioè un decreto di rilancio che vede molti non proprio “rilanciati” o con poca possibilità del rilancio. Dar voce, quindi, a chi non ne ha o a chi ha altre verità da dire, noi le raccogliamo e le commentiamo, non abbiamo colori politici, non intendiamo fare né propaganda, né giornalismo.
Secondo te, che differenza c’è tra diffusione di contenuti tramite web e tramite TV tradizionale?
Sono totalmente diversi. Ad esempio, sul web la diretta non può andare oltre i 35 minuti, quindi si sviluppa anche una capacità di sintesi che in termini televisivi tradizionali come minimo occupa due ore. Per fortuna i collegamenti sono stati obbligati anche nelle televisioni normalmente frequentate da me. Quindi la differenza è, in alcuni casi, un palinsesto che non vada oltre i 5/7 minuti, soprattutto sull’ on demand è il limite di attenzione da parte di chi rivede un programma nel momento in cui ha l’occasione di farlo e quindi utilizza un linguaggio che tende alla sintesi ed è chiaro che non è quello che si usa normalmente nei programmi che riteniamo tradizionali. Finché avrò la sensazione di avere un cervello attivo più sperimento, più si impara e più si amplia la possibilità professionale; è un segnale di vita.
Quindi posso dedurre che tu abbia molta fiducia nelle nuove tecnologie?
È il mercato che ce lo sta dicendo. Fino a qualche anno fa i budget per la comunicazione, per gli spazi pubblicitari in cui comunicare il proprio prodotto o un brand e così via, avevano l’80% destinato alle televisioni e un 20% destinato al web; oggi i dati ci riportano esattamente il contrario: molte grosse aziende sono tendenzialmente prima orientate per il web creando canali dove andare a ricercare il target mirato, i costi sono decisamente inferiori anche se, ovviamente, si tende alla qualità, non è che si fanno comunicati improvvisati con il telefonino, ci sono meccanismi e sistemi per cui le immagini siano sempre di alta qualità; quindi è una realtà che è già in atto. Questo non vuol dire che non ci sarà più la televisione, nella quale io continuerò a lavorare portando progressi e portando avanti un discorso che faccio da molti anni, ma ci sono molte aziende e brand che hanno deciso di rendere prioritario quel meccanismo di comunicazione affiancandolo a quella tradizionale che, però, è sempre costosissima. Una prima serata di Canale 5, Rai1 o altre reti ha dei costi molto alti, quindi si rischia di far vedere un prodotto a 5 milioni di persone e tra quelle non trovare il tuo target, spendendo una barcata di soldi. Con dei canali mirati, invece, spendi molto meno e vai veramente a colpire quelli a cui interessa il tuo comunicato. Poi permette, come ben sappiamo, di fare una sorta di mappatura di tutto quello che diventa comunicazione mirata con una precisa tematica e di capire, attraverso una serie di algoritmi, o meglio di imporre, la possibilità che tra tre mesi tu abbia un’esigenza. È un meccanismo abbastanza contorto ma interessante ed è la realtà di oggi. Perché Amazon e tutto l’e-commerce hanno fatto i miliardi? Intanto perché è più pratico, soprattutto Amazon rappresenta migliaia di marchi e non so se esista una persona al mondo che non abbia comprato una cosa su Amazon. Quello che compri poi Amazon te lo trasforma: hai scelto un’agenda? Ti invia la comunicazione che è uscita una nuova agenda. Oppure, sapendo che hai comprato un’agenda, ti invia la comunicazione per avvistarti che hanno tutto il set per l’ufficio, questo perché tramite l’algoritmo fanno una proiezione di esigenze che creano loro. È una realtà che non vedo perché trascurare.
Cosa pensi, invece, degli influencer?
Che sono un altro fenomeno da guardare con attenzione. Io ho stima, pur non conoscendola ma sul piano dei risultati e della trasformazione, della signora Ferragni. Da un fenomeno occasionale si è creata un impero per il quale lavora ore al giorno, gira il mondo, è un grosso impegno. Io sono un’anagrafe che mi farebbe dire “mamma mia, che brutto mondo” ma, se usato bene, è chiaro che Internet dà una capacità di diffusione che è mondiale, che va oltre tutti i confini. E lei è stata bravissima. Ci sono anche delle cosiddette influencer che ti fanno vedere come si mette lo smalto e mi è ancora sconosciuto come 200 mila persone guardino una che si mette lo smalto ma, anche lì, ci sarà un perché. È un po’ da gregge e bisognerebbe fare una selezione tra chi risulta un fenomeno e chi invece ne viene incuriosito e poi alla fine finisce nel nulla.
Quando diciamo “sarà il futuro”, in realtà è già un presente molto attivo. Se tu pensi al business che si sta creando Netflix o Amazon, stanno sostituendo Sky. Netflix ha un catalogo di film che sono praticamente quasi anteprime, nuovi, serie TV infinite; è una concorrenza per il satellitare molto forte, lo stesso Amazon sta prendendo piede nel mondo.
Attualmente sei protagonista accanto a Elisa Isoardi a “La prova del cuoco” su Rai1, vanti innumerevoli brillanti esperienze televisive, sei sempre molto amato dal pubblico e, sicuramente, tra i personaggi televisivi a cui fa riferimento chi vorrebbe intraprendere una carriera come la tua. Cosa non dovrebbe assolutamente mancare nel percorso di formazione di chi si avvicina a questo tipo di mestiere?
Non deve mancare la forza di avere un’alternativa e non pensare che possa crescere come abbiamo avuto la fortuna di crescere noi. Io e tanti miei colleghi, quelli che hanno un’anagrafe che supera i cinquanta come minimo, abbiamo avuto una televisione nella quale c’era gente competente e maestri. Io ho imparato, ho guardato, ho avuto la fortuna di guardare Mike Bongiorno, Raimondo Vianello, Corrado, Enzo Tortora; nomi che forse agli attuali giovani non dicono molto ma quelli di oggi non hanno questi maestri, non hanno punti di riferimento come li abbiamo avuti noi. La televisione è anche un po’ statica, ci sono programmi che vanno avanti da 15-20 anni, la sperimentazione non è così diffusa, i format si comprano all’estero. Quindi, il suggerimento è intanto di garantirsi di conoscere una lingua, almeno l’inglese, perché se non la conosci rimarrai sempre chiuso in un giardinetto che, soprattutto in questo momento, non ti offre grandi occasioni; e poi una dizione quanto più vicina all’italiano corretto. Sì, puoi crederci ma è un meccanismo che è diventato poco governabile, quindi quello che suggerisco è provarci, darsi dei tempi, cercare di trovare degli stimoli in qualcuno che faccia da riferimento. Oggi tutti vogliono fare o Amici o X Factor e poco altro, trasmissioni nelle quali ci sia occasione di visibilità che, però, non è garantito che poi crei una continuità professionale. Grande Fratello è stato uno dei programmi più diffusi nel mondo ma, se guardiamo quelli che hanno avuto un ritorno, ci fermiamo alle prime edizioni e, al momento, non mi sembra che siano vetrine che possano determinare che diventi un talent. X Factor ha una qualità di alto livello, Amici impone di più il personaggio anche se non vincono perché la forza di Maria De Filippi, della formula e così via hanno fatto sì che molti che non hanno vinto Amici ma magari hanno fatto Sanremo, però poi lì o ce l’hai o non ce l’hai il talento, non è che se hai vinto Amici sei sicuro che farai una carriera. Quindi il consiglio è intanto di prepararsi con la vita e, purtroppo, anche ad andare fuori. Le famiglie dei ragazzi spendono dei soldi e fanno sacrifici per fargli frequentare la scuola di teatro ma poi dove vanno? Il teatro è morto, sostanzialmente. Non voglio prendermi la responsabilità di suggerire cosa si debba fare ma bisogna avere forza, convinzione e autostima che, però, non sempre sono ripagate.