“La musica è l’antidoto al cinismo e all’indifferenza”. Intervista al cantautore Tia Airoldi

Quando ho scoperto Tia Airoldi ho subito pensato di dedicargli uno spazio sul blog, ma andiamo con ordine.

Qualche tempo fa, mentre guardavo la TV, durante un noto spot pubblicitario la mia attenzione è stata immediatamente catturata dalla colonna sonora dello spot. Una canzone che, sia per le sonorità, sia per la voce del suo interprete, mi ha fatto subito pensare al country americano anni ’70 tanto che, incuriosita al massimo visto che sono un’appassionata del genere, mi sono messa subito a fare delle ricerche in rete per risalire alla canzone e al suo autore, immaginando che si trattasse di qualcuno del passato. Ed è arrivata invece la bella sorpresa: la canzone si chiama “Isn’t fine”, scritta da Fabrizio Campanelli ed interpretata da Tia Airoldi, un giovane dei giorni nostri e italianissimo cantautore! Documentandomi sono venuta poi a conoscenza che Tia ha già con sé un prestigioso bagaglio artistico e, oltre ad essere musicista, è anche studente di musicoterapia.

È nato e cresciuto nella campagna milanese e, da sempre, è stato attratto dal cantautorato americano classico e contemporaneo e anche da autori come John Lennon, Jim Morrison, Nick Cave, Lou Reed, Damon Albarn e Fabrizio De Andrè. Ha pubblicato cinque album con i “The Please“, band di cui è fondatore e spesso è sotto i riflettori della critica di settore che gli riserva sempre grandi elogi per come riesca abilmente a uniformare il suo sound con una voce dolce, calda e folky allo stesso tempo.

Autore e interprete indie (Tia Airoldi, The Please et al.) suona in Italia e all’estero in apertura di numerosi artisti nazionali e internazionali come Spandau Ballet, Ben Ottewel, Matt Elliot, The Fire, Statuto e molti altri. Ha girato un po’ il mondo tra Canada, Germania, Svizzera, Polonia, Belgio e Inghilterra, tra cui luoghi fantastici come il “Summer Festival di Bruxelles”, il “Festival Reeperbahn” di Amburgo e il festival “MI AMI” di Milano.

Spesso lavora alle soundtrack per il cinema, il teatro e la pubblicità. Nel 2014, infatti, grazie anche al compositore Fabrizio Campanelli, ha partecipato alla produzione della canzone “I can see the stars”, tratta dal film DisneyCome diventare grandi nonostante i genitori”, in nomination per il David di Donatello 2017.

Di recente, nel 2019, ha realizzato l’installazione “In Utero“, un percorso acustico all’interno del grembo materno mediante un dispositivo per rendere accessibile il suono ai non udenti, la “pedana sensoriale”.

Attualmente sta ampliando le sue conoscenze e la sua esperienza di vita come professionista della musicoterapia.

Ecco cosa mi ha raccontato durante la nostra chiacchierata:

Come è nata la passione per la musica?

Intanto ti voglio ringraziare per lo spazio concesso. Fin da bambino la musica è stata una serie di presenze: quella costante, in casa, della chitarra di papà, immancabile strumento di compagnia e magia. La musica nei film, un veicolo incredibile che ci fa affezionare per tutta la vita a certe composizioni. La musica presente durante l’adolescenza, con i primi ascolti “autonomi” (in realtà non credo esista un ascolto autonomo), le serate con il fumo negli occhi e piene di voglia di formare una band, di essere protagonisti. E ancora, la presenza di quei dischi di importanza capitale: per me, come per tanti, i dischi passati dagli amici e tutti i racconti e gli aneddoti proprio di quegli amici più grandi, che come vecchi pescatori condividevano le loro esperienze fantastiche e tremende. E poi la presenza più importante: suonare insieme ad altre persone, le canzoni, i concerti, i tour. Sentirsi parte di un mondo, di una famiglia (nella band così come nella “musica indipendente”). Le infinite ore nelle sale prove, in macchina e in furgone, negli studi di registrazione, nei bar a elaborare idee, in casa a chiudere le confezioni dei nuovi dischi appena arrivati dal grafico. Sui palchi, con tutte le emozioni del mondo.

La musica, come approccio terapeutico: mi racconti qualcosa della tua esperienza lavorativa?

Lavorare nella scuola pubblica -in particolare ho nel cuore un’esperienza forte e bellissima che mi porterò dentro per sempre- mi ha fortemente motivato a ricercare un nuovo approccio alla musica: sono uno studente della scuola di musicoterapia di Assisi, un epicentro vitale di esperienze e persone che arricchiscono ogni aspetto del vivere musicale. Sono grato di poter crescere e condividere questo cammino con i miei compagni di corso.

Cosa vuoi trasmettere con la tua musica?

Musica è relazione, e dona colori ai giorni. Ci consola, ci culla, ci fa correre e saltare… è un antidoto al cinismo e all’indifferenza. Non vi è mai capitato di andare a un concerto con in testa un pensiero fisso e ingombrante e di uscirne leggeri al termine? Con la musica ci si conosce, si sta aperti, si vive.

Ci sono degli artisti a cui ti sei ispirato?

I miei ascolti sono stati spesso orientati fuori dai confini italiani. Il cantautorato folk classico e contemporaneo da Johnny Cash, Bob Dylan, Neil Young, Lee Hazlewood e Lou Reed fino a Nick Drake, Elliot Smith, Bright Eyes, Fleet Foxes, Sufjan Stevens, Timber Timbre… Certamente Fabrizio De Andrè è il cantautore italiano che sento più vicino e considero l’album “Crêuza de mä” un capolavoro assoluto, così come “La Buona Novella

La tua canzone “Isn’t fine” è la colonna sonora di un noto spot pubblicitario, qual è stata la tua reazione quando ti hanno proposto questa collaborazione?

Il brano è stato scritto dal compositore Fabrizio Campanelli con cui collaboro da qualche anno. Fabrizio ha una sensibilità musicale profonda e un gusto che mi emoziona; da anni lavora nel mondo del cinema e della pubblicità. I primi passi del brano risalgono a qualche tempo fa; più di recente è stato portato nella sua forma definitiva. Mi entusiasma l’idea che tramite il medium televisivo la canzone possa “camminare con le sue gambe” e ricevere l’abbraccio delle persone.

Che messaggio racchiude il testo di “Isn’t fine”?

La luce del mattino che filtra e riscalda una stanza; basta un istante per suscitare un ricordo, un momento di pace, un nuovo slancio.Così nasce “Isn’t It Fine”, accogliendo una scintilla di bellezza, accarezzando le corde di una chitarra, cantando con l’aria il desiderio di oggi e di domani, la voglia di stare assieme e di camminare senza pesi. È una canzone solare che porta in chi l’ascolta una dimensione di apertura e leggerezza.

Attualmente di cosa ti stai occupando? Hai dei progetti musicali per il futuro?

Sì, ci sono diversi progetti davanti a me… La mia unica ambizione è quella di poter fare musica vicino al cuore, che abbia cioè un’apertura, che possa essere a disposizione e a servizio: musica per ascoltare e suonare insieme.

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Sociologa Consulente in Culture Digitali e della Comunicazione | Life Coach certificato | Lifestyle Blogger